Rifiuto di Aiuto

Il rifiuto dell’aiuto nelle persone affette da ipoacusia

Gli effetti psicologici della sordità

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Le persone affette da ipoacusia, hanno quasi sempre un modo di pensare condizionato da questa invalidità. Gli effetti psicologici della sordità sono determinati da fattori personali e sociali. Esistono quindi differenze in relazione alla gravità della perdita uditiva, alla classe sociale d’appartenenza, alla professione svolta, ma soprattutto se la perdita uditiva si manifesta nei primi anni di vita o in età avanzata.

L’acquisizione del linguaggio nel bambino avviene tramite complessi meccanismi percettivi ed è subordinata all’integrità del sistema uditivo. Nelle ipoacusie infantili ovvero quando i bambini nascono con una ridotta capacità uditiva, se non è avviata precocemente un’adeguata terapia, l’apprendimento del linguaggio può essere seriamente compromesso. Nell’adulto diversamente dal bambino ascoltare e parlare sono facoltà consolidate. Egli grazie ad un udito sano si è normalmente inserito nella società. Udire e parlare sono stati gli strumenti indispensabili per un corretto sviluppo intellettivo. Ha partecipato come tutti ad eventi e situazioni che lo hanno coinvolto ed interessato. Immerso in un mondo di suoni la sua personalità è stata condizionata ed educata da una moltitudine di stimoli acustici.

Purtroppo l’invecchiamento fisiologico, o episodi di natura patologica spesso provocano un calo uditivo con ripercussioni anche gravi sulla vita di relazione. A livello sociale l’ipoacusia infantile ha effetti psicologici differenti. Il bambino colpito da ipoacusia congenita o precoce, non ha fatto esperienza di persona normoudente. Non percepisce il deficit come privazione di qualcosa che aveva e di cui non può più disporre. Le implicazioni di tipo psicologico nel bambino affetto da ipoacusia hanno modi e manifestazioni altrettanto importanti, ma completamente diverse rispetto all’adulto. L’adulto considera la possibilità di sentire e comunicare come una cosa scontata.

Riducendosi questa facoltà reagisce mutando radicalmente il proprio stile di vita. Il confronto tra la precedente condizione di normoudente e quella attuale di ipoacusico, lede in modo più o meno evidente i suoi sentimenti e interessi. Le relazioni sociali si fanno meno frequenti perché condizionate da insicurezza, sospetto, timore di essere deriso. Con l’andar del tempo, è sempre maggiore il pericolo di vivere una condizione di rassegnazione ed asocialità. Una certa uniformità psicologica è riscontrabile nei deboli d’udito, che hanno in comune una costante sensazione di depressione, una tendenza alla rassegnazione, scarsi contatti sociali e sfiducia nel prossimo.

Questi sentimenti spesso si traducono in un deciso rifiuto d’aiuto. Nell’anziano una lieve ipoacusia potrebbe non avere conseguenze negative di rilievo. L’intelletto può essere stimolato anche leggendo ed osservando. E’ noto però che le ultime fasi della vita sono spesso minacciate dalla solitudine, quando a questa si associa una grave ipoacusia è maggiore il pericolo di depressione. E’ quindi importante stimolare ed aiutare il debole d’udito affinché possa trovare la forza di reagire. A tale proposito è fondamentale la collaborazione con lo specialista, al fine di garantire in tempi brevi un’adeguata ed opportuna riabilitazione.

Emarginazione e isolamento

Una ridotta capacità uditiva determina una cattiva discriminazione della parola. A questa difficoltà, il debole d’udito reagisce in maniera sbagliata o non reagisce affatto. Spesso la frustrazione che né deriva favorisce l’isolamento. La società moderna frenetica e competitiva aggrava questa condizione. L’emarginazione e l’introversione tipica del debole d’udito, si autoalimentano determinando una rapida riduzione dei contatti sociali. Tutti sanno che per mantenere viva la conoscenza di una lingua straniera è necessario un costante esercizio. La deprivazione uditiva protratta nel tempo può determinare una riduzione delle facoltà collegate al processo cognitivo della parola. A livello centrale si riscontra una alterazione della capacità associativa verbo-tonale. Questo significa che alla percezione del suono di una parola non è più corrisposto il corretto significato.

Attendere troppo riduce quindi le capacità del cervello di elaborare la parola. Questo fenomeno si aggrava ancora di più con il progredire della perdita uditiva periferica. Si realizza cosi una spirale negativa che, una volta iniziata difficilmente si arresta. L’ausilio uditivo può compensare solo la perdita periferica, ma non la minore efficienza della capacità centrale di comprensione. Più l’isolamento dalla lingua parlata avrà progredito e maggiori saranno le difficoltà di rieducazione uditiva. Si comprende quindi, come sia necessario instaurare una terapia adeguata, che comprenda l’impiego degli apparecchi acustici.

Il nostro atteggiamento

Le sofferenze dei deboli d’udito spesso sono aggravate dal negativo atteggiamento dei normou­denti. Altre invalidità ricevono maggiore comprensione e aiuto. Di fronte ad un debole d’udito la società spesso reagisce con lo scherno. Chi non ha riso per una barzelletta su un sordo. Ci rendiamo conto che è cinico, ma lo facciamo ugualmente. Dovremmo chiederci perché siamo così ingiusti ed insensibili nei riguardi dei deboli d’udito. Una delle ragioni principali, sta nella nostra incapacità di immaginare una condizione di totale isolamento acustico.

L’oscurità che circonda un cieco può essere sperimentata chiudendo gli occhi, questa semplice azione ci trasmette immediatamente l’idea precisa del profondo senso d’impotenza causato dalla cecità. L’espressione «brancolare nel buio» deriva proprio da questa consapevolezza, ed è spesso usata per descrivere una condizione d’estremo disagio. Purtroppo non esiste un esatto corrispondente riferito alla sordità. Al contrario, esistono espressioni che spesso usiamo con una valenza negativa, ad esempio «intendi fischi per fiaschi», «sei sordo come una campana».

Tutti noi comprendiamo esattamente la drammatica condizione cui è destinato a vivere un non vedente e ci sentiamo propensi ad aiutarlo. Invece un mondo senza suoni non può essere provato, una simile condizione va oltre la nostra immaginazione, tanto da considerare l’udito un dono scontato, e la vista no. L’altra ragione è connessa all’idea, che un comportamento errato, in risposta ad un preciso ordine, è sintomo di una qualche forma di deficienza cognitiva. Il debole d’udito, spesso è vittima di equivoci e malintesi che possono tradursi in comportamenti goffi o sbagliati. L’errata associazione tra sordità e deficienza, spinge il debole d’udito a considerare il proprio problema ed i suoi sintomi, come una cosa da nascondere e di cui vergognarsi. L’impossibilità di capire a fondo il disagio causato dalla sordità, ci allontana dai deboli d’udito e spiega, ma non giustifica la superficialità e l’ignoranza di certi comportamenti.