La compressione è un sistema automatico di controllo della amplificazione. Essa regola l’uscita dell’AA affinché non cresca velocemente come l’ingresso. Pertanto la compressione è utile al fine di evitare che i suoni in uscita superino la soglia di fastidio del paziente. La compressione evita la distorsione causata dal taglio dei picchi tipica dei sistemi di limitazione d’uscita massima. Quindi la compressione riduce l’ampiezza del segnale d’uscita mantenendo entro certi limiti l’originale rapporto Segnale/Rumore presente all’ingresso. La compressione è caratterizzata da tre parametri fondamentali:

  • Ginocchio della compressione indicato come threshold kneepoint (TK) o compression threshlod (CT).
  • Rapporto di compressione, compression ratio (CR).
  • Costanti di tempo cioè il tempo di attacco (AT) e rilascio (RT) della compressione, rispettivamente attack and release times.

Ginocchio della compressione.

Il ginocchio della compressione (TK), rappresenta il minimo livello di segnale in ingresso a partire dal quale ha inizio la diminuzione della amplificazione. L’amplificazione è mantenuta lineare fino ad un punto predeterminato, dopo di che essa può assumere una andamento lineare con riduzione della pendenza (FIG.a) o curvilineo (FIG.b). In base al tipo di compressione il ginocchio può essere fisso o variabile. Nei sistemi di tipo AGCI il ginocchio della compressione è fisso. In quelli di tipo AGCO e CL il ginocchio della compressione varia in base alla regolazione del del volume. Nei sistemi che lo consentono come ad esempio il K-AMP il ginocchio è impostato mediante un trimmer, questo permette di variare la soglia di intervento della compressione. Un ginocchio della compressione ad esempio a 60 dB SPL comporta che l’amplificazione inizia a ridursi quando il segnale in ingresso supera il livello di 60 dB SPL. Nei sistemi WDRC il ginocchio della compressione è compreso tra i 40-50 dB SPL.

Figura 37 a: Andamento lineare con riduzione della pendenza

Figura a: Andamento lineare con riduzione della pendenza

Figura 37 b: Andamento curvilineo con riduzione della pendenza

Figura b: Andamento curvilineo con riduzione della pendenza

Rapporto di Compressione.

Il Rapporto di Compressione (CR), descrive in termini matematici la relazione esistente in un preciso istante tra variazione d’intensità del segnale in ingresso e la corrispondente variazione d’intensità del segnale in uscita. Pertanto il rapporto di compressione in condizioni statiche è espresso dalla seguente formula:

CRstatico = ΔI/ΔU

Il grafico mostra la suddetta relazione. La retta descrive l’aumento della amplificazione (uscita), in rapporto alla intensità del segnale in ingresso (FIG.a). Se dopo il ginocchio (TK) la retta mantiene una crescita lineare con riduzione della pendenza, il rapporto di compressione è costante cioè non esiste differenza tra il rapporto di compressione globale e quello rilevato in un qualsiasi punto della retta. Se invece non è lineare cioè ha un andamento curvilineo, il rapporto di compressione non è costante (FIG.b). Il rapporto di compressione è inversamente proporzionale alla pendenza della curva ingresso-uscita. Cioè all’aumentare della pendenza diminuisce il rapporto di compressione e viceversa. Quindi il rapporto di compressione stabilisce l’entità della diminuzione di guadagno all’aumentare del segnale in ingresso. Ad esempio un CR di 3 a 1 comporta un guadagno dell’amplificatore tale da incrementare l’uscita di 1 dB ogni 3 dB di incremento in ingresso. Un CR di 1 a 1 indica assenza di compressione.

Costanti di tempo.

Il tempo che intercorre tra l’aumento del livello del segnale in ingresso e il momento in cui l’uscita si stabilizza in un intervallo di ± 2 dB intorno al valore stazionario è denominato tempo di attacco (AT). In altre parole il tempo impiegato dal sistema per passare dalla condizione di amplificazione lineare a quella di compressione. Il tempo impiegato per fare la cosa opposta cioè passare da una amplificazione compressa a quella lineare è denominato tempo di rilascio (RT). Secondo le norme IEC la misura dei tempi di attacco e di rilascio è rilevata mediante un suono sinusoidale di 1.600 o 2.500 Hz che istantaneamente passa da un livello di 55 a 80 dB SPL per poi tornare a 55 dB SPL dopo un tempo pari ad almeno 5 volte il tempo di attacco da misurare. La scelta dei due livelli di segnale di 55 e 80 dB SPL evidenzia l’intento di riprodurre la dinamica del segnale vocale. I tempi di attacco sono considerati brevi se variano da 2 a 10 msec, medi da 10 a 30 msec. I tempi di rilascio sono brevi se variano tra 10 e 80 msec, medi tra 80 e 250 msec, lunghi oltre i 250 msec. Un buon sistema di compressione deve ridurre l’amplificazione in un tempo molto breve senza introdurre una eccessiva distorsione nell’istante in cui entra in azione o quando cessa di funzionare. Nello scegliere un AA va posta attenzione ai tempi di attacco e di risilasio. Un tempo di attacco troppo lungo può provocare nel paziente sensazioni di fastidio. Un buon tempo di attacco deve avere la durata di alcuni msec in modo da compensare l’eccessiva sensibilità dei pazienti affetti da recruitment agli incrementi del livello di pressione sonora. Anche il tempo di rilascio deve essere opportunamente dosato. Se troppo lungo causa l’effetto oscuramento. Ciò significa che in presenza di un fonema vocale-consonante in rapida successione la compressione pilotata dalla vocale provoca un parziale o totale oscuramento della successiva consonante. Questo fenomeno si verifica tutte le volte che la consonante segue la vocale nell’istante in cui la compressione è ancora in condizioni di rilascio. In altre parole la compressione continua ad essere attiva anche quando non è più necessaria. In figura sono confrontati un buon sistema di compressione e una cattiva compressione (FIG.ab).

Figura 38 a: Buon sistema di compressione.

Figura 38 a: Buon sistema di compressione.

Figura 38 b: Cattivo sistema di compressione.

Figura 38 b: Cattivo sistema di compressione.

L’onda quadra tratteggiata blu rappresenta il segnale di ingresso. Le curve rosse continue indicano la forma d’onda che si ha in uscita quando interviene la compressione. In figura (b) il tempo di attacco è troppo lungo maggiore di 10 msec, potrebbe provocare nel paziente una sensazione di dolore. Il tempo di stacco è pure troppo lungo, per cui quando il segnale di ingresso ritorna a valori più bassi, il sistema si stabilizza con ritardo fornendo una amplificazione insufficiente. Si determina cioè una fluttuazione del segnale con un periodo di oscuramento. Al contrario un sistema di compressione con un tempo di rilascio molto breve eroga la massima amplificazione durante i momenti di silenzio provocando un effetto sgradevole detto di pompaggio. Un buon tempo di rilascio ha una durata medio-breve intorno ai 20-150 msec. I sistemi che possiedono questi tempi sono definiti compressori sillabici (WDRC) o interfonemici (FDRC), hanno cioè la capacità di seguire abbastanza agevolmente l’andamento dell’intensità sonora associata ai fonemi permettendo un incremento della discriminazione vocale.

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